
YANN DE VINCENTIIS: SEI MESI VOLONTARIO IN COLOMBIA
Sono Yann De Vincentiis, nato e cresciuto a Sanremo.
Finito il liceo mi sono trasferito a Torino per frequentare l’Università, sono all’ultimo anno di Scienze Politiche e Sociali, indirizzo sociologico, materia, la Sociologia, che mi ha sempre suscitato un notevole interesse. La mia vera passione, però, è la Letteratura.
In questi ultimi anni ho attraversato una serie di crisi esistenziali e di ideali che mi hanno portato, finalmente, a muovere i primi passi verso i miei sogni. Così dopo alcune, diverse esperienze, nel mese di luglio del 2018, seduto con un caro amico al tavolino della spiaggia, mi decido e chiamo Don Rito: “Buongiorno Don!
Come stai? Tu non ti ricorderai di me, ma io mi ricordo bene… quando ero piccolo facevo i campi estivi ad Ormea, nella casa di cui eri custode! Ti chiamo perché mi piacerebbe tanto andare in Colombia, come volontario, nella tua Fondazione”.
“Oh bene che piacere”, mi risponde lui, “però sai la situazione laggiù non è delle più semplici, dobbiamo conoscerci bene, devo conoscere la tua famiglia, poi potresti allora magari andare un mese e sono sicuro che farai una bella esperienza!”.
“No Don, io voglio starci almeno sei mesi!”
Ed eccomi qua, all’ultimo mese di questa fantastica esperienza. Sì, ho incontrato situazioni difficili, ma era questo in fondo quello che cercavo. Ed ecco poi che senza manco accorgermene mi sono ritrovato a sentirmi parte viva ed integrante di una vera e propria famiglia.
La mia mansione principale è di insegnare l’inglese: i ragazzi che vivono qui, nella FOAP, provengono tutti da realtà drammatiche, storie di povertà, di violenza, ma comunque in tutti i casi storie di mala istruzione.
Lo scopo ultimo della Fondazione è quello di creare, nei giovani del verde Catatumbo colombiano, territorio di narcos e guerriglieri, una nuova mentalità, una mentalità di pace e radiosamente proiettata nel futuro, e da cosa partire allora se non dall’educazione?
Certo non è stato facile insegnare l’inglese a ragazzi che nemmeno sanno scrivere la loro di lingua, lo spagnolo, che oltretutto a me era pressoché sconosciuta! Però quello che ci ha permesso di andare sempre avanti è stata propria la voglia incandescente di imparare che hanno questi ragazzi e questi bambini. Poi comunque, vivendo qui con loro, l’esperienza si è rivelata pian piano in tutta la sua pienezza, perché sono state tante le occasioni di conoscere questa realtà colombiana sconosciuta o anzi mal conosciuta, visto che, siamo sinceri, nel nostro Belpaese quando si parla di Colombia si pensa ad Escobar, alla coca e a René Higuita.Per esempio mi sono ritrovato a partecipare a questo bellissimo progetto che parte dalla Fondazione e che si chiama “Caffè per la Pace”: un progetto che mira alla formazione di contadini specializzati nella coltivazione di caffè per la sua esportazione in Europa, progetto questo che ha tutte le carte in regola per contrastare l’imperante mentalità ed attività della coltivazione di coca.
Le giornate qua passano veloci, così che questi sei mesi mi sono sembrati passare in un soffio: ho conosciuto gente meravigliosa, mi sono fatto tanti amici e non ho perso un attimo di tempo! Le cose da fare sono tante, quindi ci si rimbocca le maniche e, prima dell’ora dello studio, si va a raccogliere banane, manioca, caffè, si va a portare i polli ed i maiali al mercato, ci si occupa della manutenzione delle strutture.
Poi c’è l’immancabile ora di sport: mai e poi mai negare il pallone a un colombiano! E non finisce qua! Di cose da fare, di doveri e di piaceri, ce n’è da perdere il conto e, mentre che li affronti, ecco che ti affezioni ai ragazzi, alle signore della cucina, ai giovani ed instancabili coordinatori, all’aria, alle piante e al cielo! Questa esperienza che ora, ahimé, volge al termine, mi ha donato tanto ed è bello che mi senta di aver donato tanto io a mia volta. Sono sicuro che, inoltre, mi tornerà utile anche in senso professionale, non solo in senso di crescita personale, visto che oramai ho imparato lo Spagnolo e che ho deciso di approfondire gli studi sulle diverse situazioni sociali che ho osservato per farne una tesi di laurea e, poi, proseguire negli studi come mi piacerebbe.
Chissà allora che, in futuro, non possa ritornare in questa meravigliosa regione e non più in vesti di semplice e confuso volontario?
Chiudo con un grande, sentito e caloroso ringraziamento a Don Rito per avermi dato questa occasione e per combattere, ogni giorno ed ogni notte, per il futuro di questa mia nuova famiglia colombiana: i bambini del Catatumbo!


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